ORESTEA
Progetto Quadriennale sulla Morte della tragedia 2018_2021
Le tragedie che compongono l’Orestea di Eschilo rappresentano un’unica storia familiare suddivisa in tre episodi, le cui radici affondano nella tradizione mitica dell’antica Grecia: l’assassinio di Agamennone e della sua amante-schiava Cassandra da parte della sposa Clitennestra (Agamennone), la vendetta del figlio Oreste che con la complicità della sorella Elettra uccide la madre (Le Coefeore), la persecuzione del matricida da parte delle Erinni e la sua assoluzione finale ad opera del tribunale dell’Areopago (Le Eumenidi).
Il progetto scenico diretto da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto si compone di tre creazioni: #1 Nidi dall’Agamennone, #2 Latte da Le Coefore e #3 Pupilla da Le Eumenidi; la potente traduzione sonora della trilogia è disegnata da Lillevan, artista tra i più significativi della scena elettronica musicale internazionale.
Per una rilettura contemporanea delle origini del tragico, si confrontano in un’imprescindibile necessità di fusione e in un dialogo scenico serrato le attrici sensibili e le attrici storiche dell’ensemble.
Impiantando i propri segni poetici sulla tragedia classica, la saga degli Atridi viene confinata alla dismisura estetica della patologia psichica dei personaggi, assumendo come oggetto d’indagine scenica l’iconologia dell’eccesso e della violenza. Costretti in meccaniche congiunzioni ereditarie, in forzate coniugazioni genetiche padre, madre e figli sono determinati da sistemi psico-morali inconciliabili ed inevitabilmente destinati ad una irriducibile catena di compimenti distruttivi: Agamennone sacrifica la figlia Ifigenia pur di ottenere il potere e la benevolenza degli dèi; Clitennestra uccide il consorte colpevole dell’omicidio della figlia ed insieme a lui l’innocente Cassandra; i figli – Oreste ed Elettra – per vendicare l’assassinio dell’amato padre ammazzano la propria madre.
I protagonisti della tragedia abitano paesaggi neo-mitologici, luoghi di coercizione morale e di detenzione affettiva in cui si stratificano matericamente paure, orrori, passioni che affamano e divorano il corpus familiare. L’òikos scenico abitato dalla Famiglia è uno spazio di soggezione sentimentale e di dissonanze etiche, in cui l’opposizione tra onore e amore, ubbidienza e disobbedienza, subordinazione e superiorità può trovare risoluzione solo in un atto degenerativo. Uccisa la madre e distrutta la casa, Oreste tenta di sfuggire alla punizione per il suo crimine contro natura e si rifugia in un luogo di transito, anonimo ed ostile, presidiato da figure multiple della madre. Duplicati livorosi di Clitennestra, le Erinni ne amplificano i tratti di violenza e il desiderio di vendetta. Neppure la presenza sedante delle divinità giuste, Atena e Apollo, può risarcire il danno, riparare il male, ma vertebrate celesti possono solo virare dolore e rabbia verso l’ottundimento emotivo, verso un’eterna salvifica tristezza.